Mi sono presa una pausa in queste vacanze e ho lasciato in stand by il mio blog dopo il 25 Dicembre.
Ora è tempo di ricominciare.
In molti siti ed in molte pagine social ho letto post sui buoni propositi: come sceglierli, come metterli in pratica e come mantenerli attivi nel tempo.
Anch’io come tutti ho sempre stilato la mia personale lista di progetti per il nuovo anno, fino all’anno scorso, ma quest’anno ho cambiato idea. Niente progetti per il 2021 e neanche per i prossimi mesi.
Ho cambiato questa abitudine perché quasi per caso mi sono imbattuta in un libro di Beth Kempton che si intitola Wabi Sabi. Racconta di questa pseudo-filosofia giapponese, tanto sacra che alcuni non ne pronunciano neanche il nome. Non ha una definizione vera e propria, è più uno stile di vita in cui si apprezza la perfezione dell’imperfezione, si accetta il passare del tempo come la natura ci insegna con il cambiamento delle stagioni. Ciò che ho letto mi ha fatto capire che non ha importanza quanti obbiettivi si raggiungono, ma lo spirito con cui si vive ogni momento delle nostre giornate. In alcuni tratti questa “filosofia di vita” sembra arrendersi all’inevitabile, sembra voler cancellare ogni ambizione per seguire il corso naturale degli eventi, ma non è così.
Il wabi sabi ispira ad un percorso di crescita facendo leva sulle inclinazioni personali seguendo i propri ritmi. Il fallimento viene considerato un momento di crescita perché dà la possibilità di analizzare una debolezza o una mancanza che indica la strada al miglioramento.
Un’altra riflessione che suggerisce questa lettura, forse un po’ macabro ma oggettiva, è la durata della vita e la sua qualità. Nessuno conosce la lunghezza del proprio cammino e proprio per questo è necessario cercare di dare valore ad ogni singolo giorno.
Ho letto questo libro in pochi giorni, tanta era la curiosità. Quello che mi è rimasto è stato un senso di pace e di sollievo perché non sentivo più l’incombenza di dare un senso all’anno nuovo. Ogni giorno ha il suo valore.
Facendo delle ricerche ho imparato la distinzione tra buoni propositi e obbiettivi. I primi sono desideri, per esempio vorrei dimagrire, ma non hanno scadenze e sono generici. Il loro più grande nemico è la “predizione affettiva”, cioè la sensazione di benessere che immaginiamo di ottenere al loro compimento. Essendo delle promesse effimere, si rivelano poco realizzabili da subito e l’insuccesso è dietro l’angolo. Seguono poi la frustrazione per il fallimento e la rinuncia.
Gli obbiettivi, invece, sono concreti e seguiti da un piano per realizzarli.
Gli americani li sintetizzano con la parola SMART, cioè l’acronimo di:
- SPECIFIC (specifico, concreto)
- MEASURABLE (misurabile, numerabile per avere una meta da raggiungere)
- ACHIEVABLE (raggiungibile)
- RELEVANT (motivante)
- TIME-BASED (con una scadenza)
Dobbiamo porci degli obbiettivi che possiamo raggiungere, tenendo conto da dove partiamo e dove vogliamo arrivare ed infine decidere un intervallo di tempo in cui lavorare al nostro progetto senza mai dimenticare ciò che ci ha spinto a farlo. Potremmo, per esempio, decidere di studiare 20 pagine al giorno e terminare così di studiare il libro per l’esame a fine mese.
Alla fine dell’anno si ha la prospettiva di avere molto tempo davanti a sé per organizzarsi, addirittura 12 mesi nuovi da riempire con nuovi progetti, ma non tutti si ricordano di capire che cosa hanno aggiunto o cambiato nella propria vita nell’anno che si chiude.
È possibile cambiare sempre, in qualsiasi momento e non c’è bisogno di aspettare una data particolare. Bisogna dare importanza alla qualità delle proprie azioni e non alla quantità.
Cercare di crescere ogni giorno un po’ di più esplorando noi stessi, ma senza restrizioni, con obbiettivi piccoli e realizzabili che ci diano la forza di continuare.
Quest’anno, quindi, ho deciso di scegliere i miei obbiettivi cammin facendo prendendo il tempo che mi serve per capire dove voglio andare.
La mia cara agenda, per ora, ha solo le pagine di gennaio scritte, ma a matita.